mercoledì 8 giugno 2011

In apnea

E' una dannazione l'amore.
L'amore, quando è amore, incasina tutto.
Fa sbandare i sensi, ottenebra il cuore, si fotte i battiti migliori e regala in amorosa memoria di sé solo una fastidiosa aritmia.
Si proponeva d'essere qualcosa di diverso, questo Blog.

E anche se vorreste leggere d0'erezioni, orgasmi e voglie bagnate, al momento digito da un'altra galassia.

Semmai tornerò a popolare il pianeta Terra e il cuore tornerà a riappropriarsi di battiti regolari, mando un segnale di fumo. 

O, con un colpo d'ingegno, lascio dietro di me una scia inconfondibile di voglia liquida.
Per non smentirmi.
Perché non s'incorra nel rischio di confondermi con qualcosa/qualcun altro/a.
Nell'attesa, i miei voluttuosi ossequi.

sabato 4 giugno 2011

Assenza (in)giustificata

Sono desolata per il protrarsi della mia latitanza.
Potrei star lì a cercare mille e una giustificazione, in realtà l'amore mi rincoglionisce e il tempo si dilata a dismisura.
Io, nelle cose della vita, ci sto con la testa o non ci sto.
Dal momento che in questo periodo sono tempestata di feromoni, le voglie sono orientate più verso il campo pratico che non verso la teoria... Però, si sa, bisogna vivere per poter scrivere.
Ed io lo sto facendo.
Intensamente...

sabato 21 maggio 2011

TroiAmore

simplewishes:

feline obedience
Anton Esef photographer
Chuvstvennaya Devochka model
Non è riuscito a lasciarmi. Perchè, sia chiaro, ha provato a lasciarmi. Trema di paura all'idea di sentirsi legato a me. 
All'inizio non ha risposto al cellulare. Pensavo di diventare matta. Squillava a vuoto, poi la segreteria telefonica... perenne. 
L'ho raggiunto dove lavora. Di sabato non c'è molta gente... ma c'era comunque gente. 
Avevo addosso una frenesia immane, ero sconvolta. Gli ho chiesto perché non rispondesse al telefono. Mentre lui farfugliava qualcosa, dicendomi di aver perso il cellulare o qualcosa del genere, sono di colpo scoppiata a piangere.
Isterica ed infantile.
Il viso contro la parete bianca, sono rimasta così, a singhiozzare per qualche interminabile secondo, quando mi ha raggiunta alle spalle, sfiorandomi un braccio.
"Dai, non fare così...".
Mi ha attirata tra le braccia e sono esplosa in lacrime.
Appoggiati alla scrivania, mentre lo baciava e, famelico, ricambiava il mio bacio, la mia mano è scesa fino alla fibbia metallica dei suoi pantaloni, facendo scorrere la lampo... L'ho sentito turgido e voglioso nel palmo della mia mano, attraverso il tessuto dei boxer.
Lo masturbavo e la sua lingua continuava a penetrarmi la bocca nei più intimi recessi. Mi sono bagnata così tanto da provare vergogna. Ma ho notato con la coda dell'occhio che la porta era rimasta aperta.
Mi sono staccata dal suo corpo con un gemito di frustrazione, affrettandomi ad accostarla.
Sono tornata indietro, schiudendomi contro l'erezione che ho guidato lentamente fra le gambe, scostando l'orlo delle mutandine, puntandolo contro l'apertura della vulva e lasciandolo entrare appena, solo di tanto in tanto, mentre il groviglio delle nostre lingue cominciava a rendere difficoltosa la respirazione.
Un'occhiata di sfuggita... la porta - stramaledetta porta - nuovamente aperta.
Non ce l'ho fatta a interrompere per la seconda volta il miracolo che stava compiendosi.
Mi stringeva... mi ha stretta così forte da farmi male mentre lo portavo all'orgasmo con la bocca, adoperandomi devotamente, lussuriosa e famelica.
Gente si avvicendava lungo il corridoio anche mentre contro la sua scrivania mi prendeva da dietro, tirando con forza i capelli ad ogni affondo. Poi non ricordo... non ho visto né realizzato altro che non fosse l'effluvio torrido straripato tra le cosce, solcando le gambe, lambendo le caviglie... 
No, non ce l'ha fatta a lasciarmi.
Nell'ultimo  SMS di pochi minuti fa - e ininterrottamente da quando stamattina ci siamo lasciati - non fa che scrivermi deliziose porcate e frasi oscene. Mi parla della voglia che gli è rimasta addosso di mettermelo dentro in ogni posizione... Di quanto non si aspettasse di vedermi e di quanto teme, adesso d'amarmi.
Ma è più forte di lui d'ogni altra inutile e disperante cautela: avermi. Fottermi.
Più forte d'ogni altra fottutissima paura. 
Ed io così lo voglio.
Col cazzo duro, in tensione.
Si masturba davanti alle ultime foto in lingerie che gli ho mandato e mi pensa.
Mi pensa e gode.
La sua voce, alterata dal piacere, appesa al filo del telefono.
TroiAmore.
Sono la Puttana che non riesce a lasciare.
Sono la sua Puttana innamorata...

venerdì 20 maggio 2011

Il gesto più intimo

Servono altre parole?
E' quel che a pochi, rarissimi e speciali presenze,
figure maschili capaci di toccarmi
(e segnarmi) la vita,
è stato diffusamente
e amorosamente 
più volte concesso...

giovedì 19 maggio 2011

La benefattrice

Ho amato pochissimi uomini nella mia vita.
Ne ho scopati una quarantina.
Dai diciassette anni agli attuali (quasi) trentotto.
Che non sono poi neanche tanti.
Sono sempre stata una ragazzina timida e impacciata.
Quando ho iniziato a masturbarmi, le mie amiche usavano già la pillola anticoncezionale.
Io ero "avanti" nella testa, indietro per molte altre cose.
Ho sempre avuto i miei tempi, non ho mai fatto confronti d'esistenze e avevo il terrore - l'ho avuto per anni durante l'adolescenza - dell'intrusione dolorosa di quel grosso pezzo di carne nel limbo immacolato della mia intimità ancora intatta.
Più che il dolore fisico, temevo la sgradevolezza della sensazione di un corpo estraneo nel mio corpo.
Avevo quattordici anni.
Nove mesi più tardi avrei fatto il mio primo pompino.
Poco più di tre anni dopo, il primo rapporto sessuale completo.
Non mi sono mai piaciuti i "ragazzini", i cosiddetti coetanei.
Ho preso una sbandata epocale per un ragazzo splendido, con due occhi azzurri da sturbo ai tempi del liceo: ero in quarta ginnasio, lui faceva il secondo liceo.
Il giorno dopo avermi messo la lingua in bocca, l'ho visto lungo il viale alberato che portava a casa mia a fare la stessa cosa con una tipa borchiata e succinta.
Ho vomitato.
Da quel giorno credo di avergli tolto anche il saluto.
Ho iniziato a scopare con il prof. d'inglese. 
Mentre in macchina glielo succhiavo, lui recitava i versi di Shakespeare.
I "grandi" scopano da dio, i "ragazzini" sono solo buoni a metterti una mano fra le cosce e a lasciarti con la voglia di quel "di più" che i loro padri sapranno come appagare.
L'esperienza insegna e fa godere.
Da quel giorno non ho mai più permesso a uno sbarbatello under 40 d'infilarmi la lingua in bocca. Né altro in qualsiasi altro anfratto del mio corpo adibito ad essere riempito.
Dai diciassette anni in su, la ragazzina imbranata e goffa, il brutto anatroccolo si è trasformato nel cigno che se la tirava e che per anni gaudenti a venire avrebbe scopato a destra e a manca. 
In quegli anni ho realizzato che non esiste uomo in grado di cedere alle grazie di nessuna femmina ammaliatrice.
E se il motto: "Ogni lasciata è persa" resta il motto dei maschietti, io ho trovato la maniera di trarne agevolazioni e vantaggi.
Nel tempo - col senno di poi - ho avuto fra le cosce uomini assai infelici, frustrati, castrati da rapporti o matrimoni scialbi e sporchi d'abitudine, soffocati da mogli o compagne timorate di Dio buone solo a farsi ingravidare secondo i riti di Sacra Romana Chiesa.
Farselo mettere nel culo non era pratica contemplata.
I mariti di talune borghesi frustrate, frigide e benpensanti, credo d'essermeli passati in rassegna tutti quanti, uno via l'altro.
Noia, tedio, infelicità e una straripante voglia di vita e sana lussuria braccata da un perbenismo morale ed ipocrita che ammazza più della fama e dell'ignoranza messi insieme.
Con alcuni mi sono concessa in un atto unico.
Ad altri ho riservato diverse repliche.
Quando s'innamoravano, li scaricavo. Sparivo.
Con uno soltanto mi sono "bruciata". 
Nove anni di passione torrida. Le peggio porcate, il sesso migliore.
Leggevamo Victor Hugo dopo aver scopato selvaggiamente o mi declamava versi d'amore di Pessoa mentre riversava fiotti di piacere biancastro nel mio ventre.
Forse è ciò che più ho amato e amo.
Un poeta capace di fotterti culo e anima con la stessa impeccabile e disarmante grazia.
L'ho lasciato soffrendo le pene dell'inferno senza sconti il giorno in cui ho temuto di aspettare un figlio.
Avrei scoperto dopo trattarsi solo di un falso allarme, ma da quel falso allarme ho capito che era giunta l'ora di voltare pagina e cominciare a scrivere un capitolo nuovo della mia vita.
Restituendolo alla moglie frigida e incazzosa (farci l'amore era come leggere un bollettino di Borsa, testuali parole dell'infelice consorte) e riprendendomi il cuore carente di qualche ammanco di battiti e sangue versato. Con un buco enorme - vuoto, carenza bisogno - che altri amanti ben accessoriati avrebbero riempito.
Una storia di nove anni.
Piangi nove giorni e pensi che non scoperai mai più.
Passano i nove giorni, versi tutte le lacrime - anche quelle che non pensavi di possedere - e ti svegli poi, un giorno, scoprendo che per donne come te è sempre un azzardo pronunciare frasi estreme e "Mai più".
Soprattutto quando si tratta di scopare...








mercoledì 18 maggio 2011

quickienewyork:

©2011 The Dirty Gentleman (#145)

In genere preferisco l'autoerotismo, ma quando è un uomo a masturbarmi... il tocco è più "presente", il ritmo concitato, il movimento imperioso raggiunge vette forsennate d'incalzante trasporto.
Perché non c'è uomo che sia passato dal mio letto che non abbia vissuto questa "pratica" come il più sublime dei preliminari.
Senza considerare il piacere sempre reso...

martedì 17 maggio 2011

Alice nel Paese delle Pornovoglie

Mi piace vestirmi da Alice nel paese delle meraviglie. Colori pastello, maniche a palloncino, ampie gonne color ciclamino o rosa confetto a nascondere raffinatissime calze autoreggenti dal bordo in pizzo. Bianche o color champagne. In ogni caso colori neutri. Ho una pelle diafana, un viso di porcellana e grandi occhi cerulei. Sono stata anche bionda una volta. E rossa. Adesso la mia chioma fluente sotto i raggi del sole assume riflessi ramati. All'ombra hanno la corposità del mogano e l'intensità di certi frutti di rovo... Mi sono iscritta per gioco a uno di quei social network che consentono di conoscere gente nuova, allacciare rapporti d'amicizia, d'amore o, semplicemente, consentire d'evadere per una sera o una notte.
Sono una scrittrice freelance. Uso la gente per scrivere. Sono curiosa, coltivo l'attitudine alla mente umana e alla provocazione velata: non tutti abbiamo le stesse reazioni posti nello stesso contesto. A me non interessano le circostanze, ma come l'animo umano si pone in determinati frangenti. E scoprire in quanti modi diversi io riesco a pormi o rivelarmi a seconda dei soggetti con i quali interagisco. 
Giulio era un libero professionista con la passione per i vini. La sera in cui ci siamo conosciuti, mi ha portata in un ristorante discreto: pochi sfarzi e cibo delizioso. Ho ordinato del filetto di salmone affumicato, un'insalata mista e fragole innaffiate da tanto limone. 
Lui ha scelto dal menu della carne grigliata, patate novelle e un tiramisu.
Abbiamo consumato un vino rosso particolarmente corposo, delle olive e della bresaola con dei crostini di pane come antipasto. 
Anche quella sera indossavo un vestitino blu cielo. Modello ampio in stile collegiale di Vivian Westwood. Guance e bocca di fragola e il mio immancabile Trésor.
Giulio aveva l'aspetto da manger nel suo completo blu. Camicia bianca e cravatta bordeaux completavano l'abbigliamento inappuntabile, forse un po' troppo rigoroso. 
Senza troppi giri di parole, mi ha fatto notare di apprezzare particolarmente il modo in cui passavo la lingua intorno alle labbra, rigirando in bocca le fragole per succhiarne l'essenza prima di inghiottire il boccone.
Inutile, d'altra parte, negare che anche per me si è trattato quasi di un colpo di fulmine. Per carità, non parlo dell'uomo sul quale ti ritrovi a fantasticare un matrimonio e due o tre pargoli da sfornare giurandosi amore eterno. No, non sarebbe da me... Quando incontro un uomo che mi piace, io penso subito a come vorrei succhiarglielo, alle varianti che potremmo adottare per godere l'una dell'altro. A questo penso, tutto il resto sono sbadigli e favole che lascio alle novelle principesse dai sogni non ancora infranti. 
"Ce l'ho duro. Potresti prendermelo in bocca e fare con me quello che stai facendo con quelle fragole", mi ha detto serafico sorseggiando del vino.
Mi sono guardata intorno con circospezione e ho sorriso nervosamente.
"Qui?", ho chiesto attonita.
Lui ha scrollato le spalle e ha risposto con disinvoltura: "Perché no?".
Ho raccolto il tovagliolo appoggiato sul grambo e ho fatto sì che scivolasse ai piedi del tavolo, sotto il quale sono scivolata per raccoglierlo. Ho notato che nessuno badava a noi, così come nessuno si era soffermato su quel gesto. Alzando lo sguardo ho notato la sua mano che armeggiava con la cintura dei pantaloni e si apriva la patta, liberando dai boxer l'erezione che ora svettava sotto il mio naso. Limitandosi ad appoggiare il suo tovagliolo sul grembo, per non destare attenzione. 
L'ho sentito trasalire quando la lingua ha iniziato a sollecitare la punta del pene, attraversato da uno spasmo quando, con una mano ferma alla base del suo prezioso gingillo, ho spinto la testa in avanti, lasciando che si spingesse fino in gola. 
L'ho leccato, mordicchiato, succhiato voracemente... portandolo sul punto di venire e riprendendo placidamente il mio posto per godermi la sua espressione stravolta dal desiderio e dalla frustrazione.
"Non vorrai lasciarmi così!", mi ha bisbigliato digrignando i denti.
"Torna a finire il lavoro che hai iniziato, troia!".
"Perché non paghi il conto?", ho suggerito senza guardarlo.
"Credo che dovremmo uscire da qui".
Non si può certo dire che abbia perso tempo in convenevoli.
Il parcheggio era pressoché deserto dopo mezzanotte. Ricordo che Giulio si è fermato davanti al codano della sua Porshe e ha tirato fuori il suo sesso marmoreo: sembrava volesse esplodere mentre si faceva una sega, guardandomi alzare l'ampia gonna e abbassare le mutandine.
L'ho raggiunto voltandogli le spalle e offrendogli le mie due sfere perfette mentre, leggermente piegata in avanti, con le gambe ben aperte, spingevo due dita nel mio lago bollente, torturando il clitoride durissimo. 
Ho soffocato un gemito, mordendomi il labbro inferiore quando l'ho sentito forzare la mia apertura, spingere contro lo sfintere ed entrarmi dentro implacabile. 
"Hai un cazzo enorme", mi sono lamentata cercando di adattarmi, più che alle dimensioni, in realtà alla consistenza virulenta dei suoi affondi ripetuti, mentre mi spingeva contro il cofano dell'auto e con le mani mi allargava ulteriormente le natiche, sbattendo con forza contro il mio corpo con una sequenza di colpi forsennati.
Abbiamo gridato all'unisono, in un fiotto di umori corposi che hanno schizzato rivoli d'impeto e piacere a colarmi fra le cosce. 
Che meraviglia quando non c'è amore. Quell'inutile sentimento a castrare impulsi e mediare istinti. Quelle disperanti attenzioni, la mediazione disperante tra voglia e decenza. 
Riversa, supina, con la schiena contro il metallo freddo della macchina, sono rimasta immobile mentre mi strappava con forza il corpetto del vestito e mi spingeva il grosso membro pulsante tra i seni, masturbandosi affinché l'erezione si rinvigorisse. Aprivo la bocca solo per leccarlo o suggerlo un po' quando la punta s'accostava alle mie labbra. La stessa che disegnava arabeschi di vizioso piacere intorno ai capezzoli e che riprendeva, un attimo dopo, a spingere tra le due grosse bocce che con le mani premevo intorno alla sua virilità nuovamente turgida e bagnata. 
"Voglio che fermi una di quelle macchine", mi ha intimato roco ed eccitato, indicandomi con uno sguardo la strada lungo la quale sfrecciavano auto in entrambe le direzioni.
"Non importa chi. Ferma uno e scopatelo".
"E perchè dovrei farlo?", ho replicato in tono di sfida.
"Perché te lo dico io, troia!", ha risposto strattonandomi con veemenza per i capelli.
"Ti piacciono le situazioni al limite, eh? Ti piace giocare... Beh, stasera ci divertiremo: hai trovato pane per i tuoi denti!".
Non potrò mai dimenticare la sensazione dell'aria pungente della notte risalire l'orlo della mia gonna ed insinuarsi tra le pieghe della mia ininmità. Così come non scorderò mai il lungo brivido che, passo dopo passo, sull'eco dei miei tacchi sull'asfalto, ad ogni metro percorso mi restituivano la sfrontatezza e la voglia di spingermi oltre ogni limite mai varcato prima d'allora. 
Quando ho visto lampeggiare i fari di un'auto che dopo qualche metro mi ha accostata e il braccio di un uomo ha abbassato il finestrino, per un attimo ho trattenuto il respiro.
"Quanto prendi?".
Quella domanda mi ha riportata gelidamente alla realtà.
"Cosa?", ho chiesto con voce incerta, studiando l'aspetto anonimo ma distinto dell'uomo che sfoggiava una grossa fede all'anulare della mano sinistra.
"Non lo so... Quello che vuoi", ho farfugliato aprendo la portiera perché l'uomo potesse sistemarsi sul sedile accanto alla guida.
Senza troppe cerimonie ho schiuso le gambe intorno ai suoi fianchi e sono scivolata sul suo grembo, aprendogli i calzoni con pochi gesti freddi e meccanici. 
Giulio, oltre l'avvallamento d'erba e terra battuta che si frapponeva fra la strada ed il viale scosceso che conduceva al parcheggio esterno al locale, stava masturbandosi vigorosamente, senza mai distogliere l'attenzione da ogni mio passo. 
"Non metterlo subito dentro", mi ha detto lo sconosciuto, eccitandosi quando ho iniziato a muovere la mano sul pene tozzo e gonfio.
"Strusciatelo un po' fra le cosce", mi ha istruita con una risata fastidiosissima e un'aria da porco assatanato.
"Mi piacciono le tue cosce... sembri una bambola". 
Le luci della macchina continuavano a lampeggiare e altre auto seguitavano a sfrecciarci accanto. Sentivo sotto le dita il sesso dell'uomo bagnarsi e spingere contro il mio inguine mentre si contorceva ansimando di volermi prendere sulle scale, contro la ringhiera, masturbandosi fra le mie cosce mentre mi apriva le natiche e lo spingeva tutto dentro. 
La voce gli si è spezzata in gola mentre schizzava sperma sul mio ventre, tra le dita e sulle mie gambe, continuando a venire con fiotti ravvicinati e violenti, masturbandosi con foga contro la mia coscia. 
Non ho provato niente. Non ho sentito niente. Solo tanta tristezza per quel piccolo uomo dal piccolo sesso tozzo, incapace di far godere una donna e in grado di godere solo immaginando situazioni che non avrebbe mai saputo vivere davvero. E anche nel suo immaginario erotico, l'orgasmo arrivava sempre fuori dal corpo di una donna. 
Ha fatto scivolare una banconota di cento euro all'interno della mia borsa ed è ripartito di gran fretta.
Mentre m'incamminavo lungo la via del ritorno, riassettandomil vestito alla meno peggio, un'altra macchina mi ha fiancheggiata, spegnendo luci e motore.
Dall'abitacolo sono usciti due ragazzi visibilmente alticci e una donna. Una bella donna. Vent'anni, forse venticinque. Biondissima e scosciata.
"Mica vorrai andartene proprio adesso?", ha esordito uno dei due, palpandomi pesantemente il culo.
"Domani il mio amico si sposa con questa gran gnocca. Vogliamo fargli un bel regalo di addio al celibato?".
"Tanti auguri", ho risposto gelida e cortese. "Per me però si è fatto un po' tardi, mi dispaice".
"Per favore", ha esordito la ragazza mentre voltavo loro le spalle.
"Ci tengo tanto a fare un regalo al mio fidanzato. E tu gli piaci molto... Sarò molto generosa con te", ha aggiunto mentre la sua voce mi sfiorava i capelli come una carezza lieve. 
"E' ubriaco", ho constatato rivolgendo uno sguardo freddo e distratto all'uomo che, appoggiato alla macchina, sorrideva senza che ve ne fosse ragione.
"Domani non ricorderà più niente". 
E' avanzata verso di me inducendomi ad indietreggiare fino al lampione. Mi ha aperto il vestito scoprendomi i seni e mi ha schiuso le gambe non una carezza gentile, insinuandosi tra le pieghe della mia intimità senza che riuscissi tentare la minima resistenza.
Era diverso dal toco di un uomo. Aveva mani affusolate e dispensava lente carezze che, muovendosi davanti e dietro, ritmicamente, facevano sì che ondate di calore intenso divenissero piacere nel progressivo languore che mi faceva cedere le gambe. 
Anche il modo in cui intrecciava la sua lingua alla mia ed il suo sapore erano diversi da quello di un uomo. E per me era tutto nuovo. Una vertigine. La giovane donna ha iniziato a strusciarsi pesantemente contro il mio corpo mentre l'amico del suo fidanzato la prendeva da dietro e le dita di lei si adoperavano alacremente per portarmi all'orgasmo mentre stringeva una mano intorno al mio seno e, piegandosi, portava la testa più vicina al mio pube, immergendo la lingua negli umori colavano dalle mie cosce, leccandomi e succhiando più volte il clitoride, procurandomi un piacere intenso.
Quando mi slegata da quel contatto intimo, lei si è aggrappata al lampione e l'uomo alle sue spalle ha continuato a possederla furiosamente, strappandole gridolini d'assenso e voluttuosi gemiti di piacere. 
E' incredibilmente eccitante vedere due corpi che si penetrano e il corpo dell'uomo sbatteva contro quello della teutonica bionda con un impeto dal quale era impossibile non lasciarsi coinvolgere. 
Il suo fidanzato, più che dal mio corpo che cavalcava il suo enorme sesso vigoroso, sembrava eccitato dalla visione della sua futura moglie inculata dal suo amico e ame, del resto, poco importava di come o quanto avrebbe goduto. Ero eccitata, fradicia, con la voglia di qualcosa di duro fra le cosce, capace di sbattermi e farmi godere. Finalmente godere. 
Mi sentivo piena e più lui continuava a riempirmi, più i miei fianchi sbattevano contro i suoi, il bacino si alzava e tornava a scendere sul suo vigoroso palo di carne, schizzando umori e rantoli spezzati dalla foga con cui, al culmine dell'amplesso, mi ha afferrata, impalandomi ripetutamente sul suo membro ingrossato da contrazioni che culminavano in fiotti intensi di sperma che m'inondavano il ventre, la vagina, la parte interna delle cosce e, ogni volta, mi trattenevano sempre più a lungo, fino al culmine dell'orgasmo che ci ha uniti nello stesso grido liberatorio. 
Mi sentivo troia come non mai mentre tornavo verso il parcheggio. Troia e appagata, fiera della mia libido, della soglia oltre la quale mi ero spinta. 
Una banconota da cento euro e una da cinquecento. Ben arrotolate, strette nella mano che ho trasferito in quella di Giulio, guardandolo con aria trionfante, piena di disprezzo ma in fondo grata.
"Questi te li sei meritati, tesoro".
L'ho zittito sfiorandogli le labbra con due dita mentre stava per replicare, l'erezione nell'altra mano e l'espressione smarrita.
"Ma si, tu sei stato la mia puttana per una sera. E hai ragione, mi sono divertita molto... E' stato illuminante".
Appoggiato contro la portiera, lui non ha resistito all'impulso di masturbarsi più vigorosamente, ormai prossimo a godere per l'ennesima volta. 
E, in un inutile quanto infantile gesto di pudore, si è voltato allargando le gambe e spingendo il bacino in avanti mentre il membro si contraeva e spingeva nella sua mano, frenetica lungo l'asta, cacciando un grido soffocato quando fiotti di sperma hanno raggiunto la fiancata e la sua voce e diventata poco più di un suono gutturale. Mentre stringeva nell'altra mano le due banconote ridotte qusi a cartastraccia nell'atto supremo di quel tristissimo assolo. 
Non sono tornata a casa con lui. Non si è nemmeno accorto che io sia andata via. 
Lungo la strada che dai Castelli scendeva verso Roma, ho fermato un'auto e ho chiesto un passaggio fino a casa. 
Abbiamo fatto solo una breve sosta nel piazzale di un autogrill. Abbiamo imboccato la porta della toilette e, in piedi, con la faccia sprofondata contro la mia spalla, abbiamo scopato.
E' stato tutto molto veloce, ero già dilatata e lubrificata, con i postumi degli orgasmi multipli colllezionati nelle ultime ore e in quel posto squallido, anonimo e maleodorante, più che di quel sesso che si muoveva fuori e dentro di me, stantuffandomi l'ano e facendo sbrodoloare la mia passerina, ho goduto della donna che avevo scoperto di saper essere. Forse d'esser sempre stata.
Preferendo, in cambio di un passaggio, dare il culo piuttosto che tante spiegazioni a uno sconosciuto. L'anima, come l'intimità di una persona, sono qualcosa si privato e non accessibile: ci vuole tempo e testa per capirmi, per entrami dentro. Nell'anima, appunto.
Per penetrarmi il corpo basta un pene che sappia adoperarsi per riempire tutti i buchi fatti apposta per essere riempiti. Un pene: non serve poi molto per fottere una donna. Almeno fra le cosce. E poi avevo bisogno di scrivere un altro capitolo del mio libro: mi serviva altro materiale e ho fottuto, io, chi - lasciandosi fottere - ha reso possibile la stesura della pagina che state leggendo, con il vostro sesso a smaniare nei pantaloni e la mano che cercherà d'arrecarvi un po' di sollievo, mentre sognate della vostra Alice nel Paese delle Pornovoglie.